Il modo di lavorare condiziona fortemente i risultati. Cerchiamo spesso di trovare una spiegazione alla nostra mancanza di efficienza, magari siamo consapevoli delle cause e riconosciamo il “problema”, tuttavia ricadiamo costantemente negli stessi, banali errori di sempre: non abbiamo “scritto” (o magari “letto”), non abbiamo organizzato per tempo, non utilizziamo gli strumenti giusti. Qualche volta perdiamo di vista anche le procedure che sarebbero fatte proprio per seguire regole condivise a livello aziendale.
Non ci rendiamo conto che la nostra inefficienza genera anche le inefficienze degli altri.
La definizione di “efficienza” (tratta da Treccani) la indica come la “capacità di rendimento e di rispondenza ai propri fini”.
Una risorsa che non produca rendimento, non è una risorsa e può diventare addirittura un danno: le ore lavoro trascorse passando da un argomento (o da un cliente) all’altro, senza una pianificazione precisa, improvvisando sulle attività da svolgere, non producono un valore corrispondente allo sforzo profuso.
Per chi come noi costruisce gestionali, non è inusuale interfacciarsi con aziende che non organizzano adeguatamente le proprie attività di lavoro. Tralasciando le realtà strutturate, in cui il personale ha ruoli ben distinti che obbligano tutta l’azienda a seguire schemi (a volte rigidi ma necessari) per il corretto funzionamento dell’azienda nel suo insieme, le imprese più piccole sono spesso legate ancora alle scelte personali del titolare d’azienda o del suo “fidato” braccio destro.
Non c’è sempre una logica nelle decisioni, ruoli e funzioni non sono ben definiti, ci si affida ancora alla “memoria storica”, all’esperienza, magari alla forza del proprio brand.
Pur riconoscendo il grande valore di questi elementi, purtroppo oggi non basta sapere dove si vuole andare: è necessario avere chiaro il mezzo con cui andarci. Il mezzo determina i tempi, la strada da percorrere, il bagaglio da portare, le competenze richieste.
Quando proponiamo di rivedere le attività interne di un’azienda, utilizzando strumenti software innovativi che traccino le attività svolte, che impostino procedure distinte a seconda dell’attività da svolgere, che identifichino parametri di valutazione dei risultati o diano evidenza degli effetti di determinate scelte operative, ci viene spesso rivolta subito questa domanda: ma quanto mi costa?
La riorganizzazione della propria azienda in termini software viene vista come un costo, non un investimento: non è immediato percepire il valore di una revisione dei propri asset, anche se la recente spinta verso la digitalizzazione attraverso la promozione di finanziamenti e contributi da parte di enti pubblici locali, nazionali ed europei sta provando a smuovere i più reazionari.
Gli ostacoli non sono solo di ordine economico: anzi, probabilmente più spesso il problema è la diffidenza. La direzione fatica ad aprire la propria azienda all’esterno e a mettere in discussione i meccanismi alla base della propria organizzazione aziendale. E se si riesce a superare la reticenza del titolare, ci si deve aspettare un altro muro: lo staff, il quale non vede di buon occhio le novità che stravolgono il proprio modo di operare.
Eppure, alla base di una buona organizzazione, c’è proprio la condivisione, senza la quale non è pensabile nessuna crescita personale e collettiva. Condividere non significa privarsi di qualcosa: al contrario, vuol dire arricchirsi.
Pertanto la domanda vera che dovrebbe porsi l’imprenditore è: quanto mi costa non cogliere questa opportunità?
08 Ottobre, 2024
09 Settembre, 2024