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Redazione 03 Luglio, 2020

Lo sviluppatore software

L’economia del secondo millennio si distingue per la forte spinta alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica.
Per tenere il passo di questa spinta esponenziale serviranno importanti investimenti finanziari ma, prima ancora, risorse umane adeguate.
I Millennials indubbiamente hanno nel proprio DNA un’impronta evolutiva diversa dalla precedente generazione: sono nati con uno smartphone in una mano e il PC nell'altra, hanno una spiccata propensione alla digitalizzazione in ogni forma. Insomma, non si spaventano certamente di fronte ad una nuova app o ad una tecnologia innovativa, sanno districarsi nella giungla del web molto meglio dei loro predecessori.
Tuttavia questo non basta per affrontare la sfida dei prossimi anni: la domanda è alta ma ci sarà abbastanza offerta di valore per soddisfare le richieste sempre più esigenti delle aziende?

Alcune società di analisi dati, quali IDC e Evans Data, hanno calcolato il numero di "tecnici" in ambito software a livello globale, identificando una cifra che si attesta su circa 22/23 milioni con una previsione di un aumento fino a 27/28 milioni entro il 2023. Restringendo un po' il campo ai soli sviluppatori, il Bureau of Labor Statistics del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti d’America registra nel 2019 circa 1.365.500 sviluppatori software con un indice in crescita per i prossimi anni del 20%.

E in Italia?
Partiamo dall’inizio, cioè dall’evoluzione della popolazione in età scolare: nei prossimi 10 anni gli studenti nella fascia 3-18 anni diminuiranno di quasi un milione (in presenza di politiche restrittive in termini di flussi migratori, la cifra potrebbe raddoppiare).
Negli altri paesi europei non è un calo così vistoso ma l’andamento è comunque negativo e i dati Eurostat registrano un progressivo invecchiamento della popolazione europea con un aumento dell’età mediana (nel 2018 era pari a 43,3 anni).
Il rapporto Almalaurea del 2018 indicava chiaramente un altro importante scostamento italiano rispetto ai vicini europei, ovvero un livello di scolarizzazione di terzo livello (post-diploma) molto più basso della media europea: 26,9% contro il 39,9% della media EU28.
Investimenti modesti e politiche per il diritto allo studio insufficienti impediscono che il contesto socio-economico condizioni le scelte formative e professionali dei giovani. E così, oltre ad avere uno dei tassi di NEET (Not in Education, Employment or Training) più alto d’Europa (nel 2017 il 24,1% rispetto alla media europea del 13,4%), l’Italia sforna ancora “pochi” laureati rispetto alla media europea.
Però l’Italia “attira” oggi un buon numero di studenti stranieri, molti più di quelli che manda all’estero, merito anche dell'aumento dell’offerta di corsi in lingua.
La facoltà di laurea maggiormente richiesta dal mercato resta ingegneria e, in generale, il biennio 2018/2019 ha registrato in Italia un aumento degli iscritti all’università dopo il diploma, finalmente in controtendenza rispetto agli anni precedenti.

Quindi, quali sono i numeri in Italia oggi?
Premesso che la risposta non è oggettiva, perchè il concetto di “sviluppatore software” non è univoco e quindi difficilmente classificabile a livello statistico, l’Osservatorio delle Competenze Digitali in collaborazione con le Associazioni ICT nazionali (Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia) stima circa 88 mila posti di lavoro richiesti per i profili specializzati in ICT nei prossimi anni.
Gli sviluppatori mantengono il primato della professione ICT più richiesta, con una presenza di offerte di lavoro del 49%.
Queste figure informatiche sono tanto richieste quanto difficili da trovare, come potrà il settore rispondere alla richiesta di 88 mila nuovi posti di lavoro specializzati in ICT per il prossimo decennio?

Attualmente dall’Università escono 8.000/9.000 laureati ICT all’anno per un fabbisogno aziendale pressoché doppio. I laureati ICT crescono, ma non stanno al passo con la richiesta del mercato.
Sarà cruciale un'inversione di tendenza nei prossimi anni, la consapevolezza di studenti e istituzioni che il futuro del nostro paese dipende da scelte di studio e formazione ben precise, al passo con l'evoluzione digitale che investirà qualunque settore socio-economico.

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